Come funziona il posizionamento di siti ecommerce su Google


matteo dagostino consulente filosofico

di Matteo D’Agostino (Schio, Vicenza)

Esperto Internet Marketing e Google Partner certificato, specializzato in web marketing alla University of California e all’Oxford College of Marketing.


PANORAMICA GENERALE SUL POSIZIONAMENTO DI SITI ECOMMERCE

Il posizionamento di siti ecommerce su Google segue le stesse regole del normale posizionamento di qualsiasi altro sito. Esistono tuttavia alcune peculiarità che distinguono i risultati e le procedure adottate. Se è vero che non mancano i punti in comune (ad esempio le piattaforme CMS, utilizzabili per realizzare un sito o un ecommerce), è altrettanto vero che l’architettura dei contenuti porta a una diversa concezione della strategia di posizionamento su Google (quello in gergo viene definito SEO, ovvero Search Engine Optimization, Ottimizzazione per i Motori di Ricerca). La differenza basilare di uno shop online sta nell’offerta: mentre un sito vetrina classico propone servizi o categorie di prodotti tramite pagine statiche, destinate a rimanere invariate a volte per anni, un sito ecommerce vende quasi esclusivamente singoli prodotti, ciascuno con relativa pagina web specifica, e questo comporta un continuo aggiornamento di schede che vengono modificate, cancellate o pubblicate per la prima volta (lancio di nuovi articoli).

Le conseguenze, per quanto riguarda il posizionamento su Google del sito ecommerce, emergono soprattutto a livello di strumenti. La scelta delle parole chiave per aumentare il traffico potrebbe infatti seguire le stesse regole. A cambiare sono però i mezzi a disposizione: nel sito normale si useranno le pagine dei servizi, ottimizzate in chiave SEO secondo una lista definita di keyword. Nel sito ecommerce, dal momento che mancano i servizi, dovranno essere sfruttate le intestazioni delle categorie di prodotti, se non addirittura le singole schede in caso di articoli molto importanti. Come abbiamo visto già altre volte nel nostro blog, rimane assodato che keyword primarie e secondarie debbano lavorare in parallelo, ovvero in sinergia fra loro, il che significa sapere con precisione quali saranno le parole chiave principali e quali le keyphrase a coda lunga (o keyword longtail).

Copertina come funziona il posizionamento siti ecommerce

COME CALIBRARE LE KEYWORD PER POSIZIONARE UN SITO ECOMMERCE

Pianificare il posizionamento su Google di un sito ecommerce è il primo passo per arrivare in alto. Occorre valutare attentamente le (poche) keyword principali e le (tante) keyword secondarie su cui puntare. In particolare, le keyword secondarie potrebbero coincidere con i nomi dei prodotti, “vernice atossica blu per esterni”, “vernice gialla per auto”, “vernice idrorepellente per barbecue”, ecc ecc… Avviene così per molti siti ecommerce, la cui fortuna si gioca sull’enorme quantità di articoli, materiali o accessori. Comunque si voglia procedere, non bisogna dimenticare di quanto sia importante inserire una descrizione di almeno 150-200 parole per ogni prodotto (fino ad arrivare a 350-500 parole per le intestazioni delle categorie). In un secondo tempo, si potrà aumentare il traffico con l’apertura di una sezione news o di un blog interno al sito.

Sito ecommerce posizionato su Google

Questo è il lavoro che si deve portare avanti da dietro le quinte nel momento in cui si decide di puntare sul posizionamento di tipo organico (vale a dire naturale e quindi non sponsorizzato). Il rovescio della medaglia è che per raggiungere un buon posizionamento organico possono volerci anni. Occorre che ogni prodotto sia accompagnato dalla sua descrizione, ogni categoria abbia il suo testo a cappello, ogni articolo del blog sia ricco, dettagliato e ottimizzato… Chi gestisce un ecommerce sa bene però che le vendite non possono tardare più di tanto. Già dopo il lancio del negozio online è importante registrare le prime vendite e quindi iniziare a rientrare dei costi. Il che ci porta a introdurre un nuovo strumento, alla base di quello che viene definito posizionamento a pagamento. Questo strumento si chiama Google Ads ed è fondamentale per accelerare i tempi e arrivare in vetta già dopo poche ore dalla messa online. Vediamo come funziona e quali parametri tenere in considerazione


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GOOGLE ADS PER ECOMMERCE: COME FUNZIONA E COSA FARE

Abbiamo visto che il posizionamento di un sito ecommerce su Google rientra fra gli investimenti più efficaci, anche se con tempi di rientro che sono piuttosto elevati. Da solo inoltre il posizionamento del sito potrebbe non bastare a garantire sufficiente traffico, uno scenario che alla lunga finirebbe per decretare l’insostenibilità del business di vendita. Che cosa fare allora se si ha bisogno di traffico immediato, abbondante e in target? La soluzione si chiama Google Ads, piattaforma di promozione che offre diversi canali di marketing tramite annunci a pagamento.

Il posizionamento con Google Ads si traduce nella comparsa di annunci testuali o video su quattro reti di ricerca.

1) Rete di ricerca

Esempio di annunci sponsorizzati su Google

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Nella rete ricerca di Google compaiono tutti gli annunci di testo classici con la specifica Ann. di fianco. Questi annunci vengono posizionati in alto ai primi posti di Google, secondo un ordinamento che viene stabilito in automatico in pochi centesimi di secondo ogni volta che un utente nel paese interessato dalla campagna effettua una ricerca con determinate parole chiave. In alto non finisce solo chi paga di più, ma anche chi sa costruire gli annunci più performanti, vale a dire con un punteggio di qualità più elevato.

2) Rete Display

Annunci su rete display Google

La rete display comprende il network di blog, siti e portali partner del programma di pubblicità Google Ads, ma anche lo servizio di posta Gmail e altri spazi virtuali. Gli annunci in questo caso possono essere anche di altro formato, ad esempio in versione banner grafico statico o dinamico. Come per la rete Ricerca, anche per la rete Display è difficile immaginare la pubblicazione di un annuncio per ogni singolo prodotto venduto, come anche mostrare annunci generici che rimandano all’intero sito ecommerce o specifici che puntano a singoli prodotti o categorie di prodotti selezionate. Decisamente meglio è sfruttare la rete Shopping, come spiegato nel punto successivo.

3) Rete Shopping

Gli annunci sponsorizzati su Google Shopping

Con il nome di rete Shopping si fa riferimento alla sezione omonima che compare nel menu di Google una volta effettuata una ricerca inerente a prodotti di consumo. Se digitiamo ad esempio “forno a microonde”, vedremo comparire sia le anteprime di alcune schede prodotto, sia una tab in alto con scritto Shopping. Cliccandoci sopra, entreremo nella sezione Shopping e potremo visualizzare centinaia di altri prodotti venduti da ecommerce più o meno noti. In mezzo a questi prodotti, compaiono anche gli annunci sponsorizzati, secondo lo stesso principio del punteggio di qualità spiegato poc’anzi. È proprio qui che andremo a lavorare se vogliamo posizionarci con il nostro ecommerce!

4) Rete Video

video per posizionamento ecommerce

Sebbene sia difficile pensare a YouTube come a un contenitore ideale per la pubblicazione di video annunci relativi a uno shop online, nulla vieta di provare anche questa soluzione per la promozione dell’ecommerce in toto. A differenza che nelle precedenti reti, in quella video è obbligatorio andare a creare una clip video (anche solo di pochi secondi) che verrà mostrata prima o durante la visualizzazione dei video nei canali di YouTuber che accettano di partecipare al programma YouTube Partners. Per come la vedo io, questa è l’unica rete che, per un ecommerce, ti sconsiglio di utilizzare, a meno che tu non abbia pochi prodotti di grandissimo valore e un canale YouTube già posizionato. 

IL CONCETTO DI ROAS: COME STIMARLO PER UN ECOMMERCE

Posizionamento siti ecommerce su Google

Per il posizionamento a pagamento di un ecommerce è fondamentale stimare con un certo margine di precisione il nostro ROAS, acronimo di Return on ad spend (ritorno sulla spesa per advertising), dove per spesa si intende ogni euro investito. In sostanza dovremo sapere qual è il ritorno minimo (accettabile) per generare un guadagno a fronte dei costi per (in questo caso) Google Ads. Attenzione a come stimare questo indicatore, perché non basta calcolare l’incasso lordo: se ad esempio investo 1 euro e me ne ritornano 10, ciò non significa che 9 euro sia il mio ROAS, perché il costo del prodotto venduto e di tutta l’infrastruttura potrebbe essere pari a… 9 euro! In tale senso, continuando con l’esempio, non posso dire che il mio ROAS è 1:10, in quanto 10 euro mi permettono di andare tutt’al più in pari con i costi di campagna e di produzione. Il ROAS potrebbe essere quindi 1:12 in uno scenario di guadagno minimo (2 euro di guadagno netto per ogni euro investito) fino anche a 1:15 o 1:20 negli scenari migliori (o anche oltre).

Va da sé che in un primo periodo di campagna il ROAS non sarà il massimo auspicato. La campagna è infatti una “macchina” che ha bisogno di tempo per ingranare, non tanto quanto i tempi del posizionamento organico, ovvio, ma servono comunque alcuni mesi per andare a regime. Questo perché le performance della campagna stessa vanno monitorate e corrette: impossibile settare gli annunci e le impostazioni al primo colpo in maniera impeccabile. Sarebbe come pretendere di azzeccare tutte le mosse di una partita a scacchi senza errori: al contrario, è proprio dagli errori che si vede cosa funziona e cosa non funziona. Le risposte degli utenti una volta che cliccano gli annunci, il loro comportamento, il tempo di permanenza nel sito, le azioni che compiono o non compiono… tutto questo ci permette di migliorare le performance e aggiustare il tiro mano a mano che i mesi passano. In questo senso il ROAS può crescere notevolmente, in un circolo virtuoso che si autoalimenta in maniera esponenziale.

DA 1200% A 3000% DI ROAS: UN (NOSTRO) CASO STUDIO REALE

Proprio in questi mesi sto gestendo una campagna con prodotti che costano circa 700 euro e danno un profitto netto di 70 (pari al 10% del valore). All’inizio siamo partiti da un’ipotesi, rimasta poi sulla carta, del 5% di margine, troppo basso per poter impostare una campagna. Con un set di prodotti specifici e qualche ritocco, siamo quindi passati a un molto più realistico 10%, non tantissimo, ma per cominciare poteva andare bene. Il ROAS minimo, secondo il cliente (di cui per motivi di privacy non dirò il nome) era del 1200%, per cui spendo 1 e devo guadagnare 12 (o spendo 100 e devo guadagnare 1200). In altri termini, se vendo un prodotto da 700 euro e ne guadagno 70, e se per avere questa vendita ho speso circa 60 di Google Ads, mi restano in tasca 10 euro.

Risicati, ma abbiamo lanciato la campagna comunque. Fra automatismi, script e altro, dopo alcuni mesi abbiamo raggiunto un ROAS del 3000%, il che significa spendere 100 e guadagnarne 3000! Il punto quindi non è tanto il valore assoluto del margine, bensì la percentuale: la situazione è buona e promettente quando il margine è superiore al 15-20%. L’importante è concordare il ROAS all’inizio e fare di tutto per arrivare a prenderselo, valutando man mano per mezzo di analisi prodotti ecc. quali prodotti di un ecommerce possono arrivare al target stabilito. L’improvvisazione insomma non premia: bisogna sapersi muovere e bisogna farlo con cognizione di causa, grazie anche all’apporto di azioni complementari, come il posizionamento organico di cui sopra, o come le attività di lnk building di cui parleremo nel capitolo conclusivo.


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COME POSIZIONARE UN ECOMMERCE CON LA LINK BUILDING

Prima posizione per sito ecommerce

Se il tuo ecommerce ha bisogno di ulteriore slancio e se il budget lo consente, è possibile rafforzare il posizionamento organico non soltanto con la pubblicazione di articoli (tipicamente le news o i post di un blog interno al sito web), ma anche con attività di link building esterne al sito stesso. Per attività di link building intendiamo né più né meno la pubblicazione di articoli in siti web terzi, come portali o come blog. L’articolo deve necessariamente contenere un link verso l’ecommerce da promuovere, possibilmente di tipo DO FOLLOW. L’ideale sarebbe inoltre trovare portali e blog il più possibile in target, che trattando quindi gli stessi argomenti legati ai prodotti del sito di vendita. Se offriamo accessori per bambini, ad esempio, sarebbe utile pubblicare articoli su blog di mamme o portali dedicati all’infanzia.

Un’altra best practice è quella di pubblicare articoli con cadenza periodica, evitando di concentrare l’uscita nell’arco di pochi mesi. Un articolo al mese per un anno è sicuramente più efficace di dieci articoli tutti in un mese. A beneficiarne sarà l’intero ecommerce, che agli occhi di Google, avendo un maggior numero di link in entrata, verrà considerato più affidabile, più interessante e in ultima battuta più meritevole (con ripercussioni positive sul posizionamento). La link building può andare di pari passo con la campagna Google Ads, o può essere curata in autonomia da essa. Di volta in volta si cerca di capire a cosa dare priorità, pianificando una strategia globale e sinergica che, in base anche a tempistiche e budget, ci porti al tanto atteso posizionamento dell’ecommerce. Pronto per darci dentro?


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